Referendum al palo, batosta per Landini e compagni
Licenziati per giusta causa, il referendum mette al tappeto Pd, 5S e Cgil: il viaggio psichedelico di Schlein sui 14 milioni di voti
Flop totale per i quesiti di Landini&Co. La sinistra si gasa: “Più voti di Meloni”. Ma cresce la fronda anti-Elly. Critiche da Picierno, Quartapelle e Gori. Gualmini chiede una “discussione franca”. Ai ballottaggi finisce 1-1

“Il calcio ti dà il pane e la sassata”. La “preveggenza” del quasi ex commissario tecnico della Nazionale Luciano Spalletti è l’epitaffio perfetto del giorno dopo. Basta togliere il riferimento al calcio e sostituirlo con il termine politica, e come per magia appaiono nitidi i profili di Maurizio Landini e di Elly Schlein. È tutta per loro la sassata implacabile che arriva dall’affluenza: 30% alle urne, e per di più con una quantità considerevole di no. Tradotto significa circa 14 milioni in cabina con un esito particolarmente sconfortante per il quesito sulla cittadinanza.
L’ennesimo disastro per il segretario della Cgil, che nella sua caduta libera si porta dietro anche la segretaria con le sneaker. La coppia che ha costruito meticolosamente l’avventura referendaria, sostenuta solo da risentimento personale (il “cattivo” Jobs Act che abolì l’articolo 18) e dalla voglia di creare una cesura (con il passato). Se Maurizio il rosso è l’artefice, Elly è stata il braccio destro perfetto. La segretaria dem ha aiutato a raccogliere le firme, si è intestata la corsa, comunicando la partenza a una smarrita direzione Pd a cose fatte. Con un doppio obiettivo: “Chiudiamo la stagione del vecchio Pd” e “testiamo la nuova tre posti del campo largo”. L’improbabile autovettura in cui Elly Schlein e Giuseppe Conte si disputano il volante, sotto lo sguardo attonito di Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni.
La resa dei conti nel Pd
Si chiudono le urne, e nel Pd inizia la resa dei conti, fino ad oggi rimandata. La prima a togliersi i classici sassolini è l’eurodeputata dem Elisabetta Gualmini: “Aver mobilitato tutto il partito, tutti i circoli, tutti i dirigenti su un referendum che doveva correggere gli errori del vecchio Pd si è rivelato un boomerang. Un referendum politico contro sé stessi”. Un J’accuse implacabile: “Doveva essere uno sfratto a Meloni. Non pare vada così”. E un finale che rende l’idea del clima: “Auguriamoci almeno una discussione franca magari anche con quelli del vecchio Pd”. Ovvero l’area riformista, i vecchi padri nobili, quella parte del partito che la segretaria “sbarazzina” ha scaricato senza troppi complimenti. A ruota, commenta Pina Picierno, la vicepresidente del Parlamento europeo, l’esponente che ha dato più filo da torcere alla segretaria. Una requisitoria, la sua: “Una sconfitta profonda, seria, evitabile. Purtroppo un regalo enorme a Giorgia Meloni e alle destre”. Con un ammonimento: “Fuori dalla nostra bolla c’è un Paese che vuole futuro e non rese di conti sul passato. Ora maturità, serietà e ascolto, evitando acrobazie assolutorie sui numeri”. Si aggiunge un altro eurodeputato riformista, Giorgio Gori: “Autogol prevedibile, andava evitato”. La deputata Lia Quartapelle è solo un pochino più morbida: “Regolare i conti con il passato non basta”.
Se il flop nelle urne ha già iniziato ad agitare la vita interna del Nazareno, di fatto manda allo sfasciacarrozze la tre posti, sperimentata per la consultazione referendaria. Se ne rende conto Carlo Calenda: “Se la sinistra continua a farsi trascinare dalle battaglie ideologiche non andrà da nessuna parte”. Per il leader di Azione c’è una strada obbligata: “È forse tempo che i riformisti di qualsiasi schieramento prendano atto che occorre costruire un’area liberale lontano dal campo largo e dalla destra sovranista”. Infierisce Luigi Marattin, segretario in pectore del Partito Liberaldemocratico: “Ora che il furore ideologico ha fallito, possiamo iniziare a parlare di cosa davvero serve al mercato del lavoro italiano?”.
Schlein e 14 milioni, il viaggio psichedelico
Il volto sacrificale scelto dal Nazareno per la rituale analisi della sconfitta è anche il creativo del secondo quorum (con 12 milioni di elettori, “Giorgia stiamo arrivando”), ovvero il presidente dei senatori. Con lo sguardo un po’ torvo, Francesco Boccia cerca di svolgere la parte: “C’è un pezzo di Paese che chiede di cambiare sul lavoro”. Insomma, per l’avviso di sfratto passate un’altra volta. Elly Schlein vede un altro risultato: “Grazie a più di 14 milioni che hanno votato, più di quanti scelsero Meloni, ci vediamo alle politiche”. Un viaggio psichedelico. Più sincero Maurizio Landini: “Non è una vittoria”.
Ballottaggi: Bitetti a Taranto, Nicoletti a Matera
Nel ballottaggio nei due Comuni capoluoghi finisce 1-1: Taranto verso il centrosinistra con Piero Bitetti, Matera verso il centrodestra con Antonio Nicoletti. Luciano Spalletti, l’uomo della “sassata”, alla fine è stato costretto al passo indietro. Un messaggio subliminale anche per i leader del campo stretto?
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